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L'ALTRA MEDICINA

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La ricerca del miracoloso fa parte della nostro vivere quotidiano, indipendentemente dalla razza, dalla cultura, dal censo o dalla professione. Anzi, queste differenze sociali non modificano il modo di vedere la realtà e la speranza, insita in ciascuno di noi, dell’esistenza di qualcosa che vada oltre le fede religiosa o il mondo razionale. Altrimenti nessuno crederebbe agli alieni, all’Arca di Noé, al cavallo di Troia o anche a certi segni del destino.

Quanti, per esempio, credono all’oroscopo? Forse pochi, però nessuno disdegna di ascoltarne la lettura alla radio, mentre si reca al lavoro o di leggerlo sul giornale in metropolitana o seguirlo in TV, in coda alla stringa di notizie delle ultime ventiquattrore. Quasi tutti lo seguono con apparente disinteresse, mentre poi considerano il presagio zodiacale nel proprio intimo, come se tutti quanti, miliardi che siamo nati in quel mese, possano in contemporanea vincere alla lotteria.

A dar retta allo zodiaco saremmo al massimo divisi in dodici categorie di maschi e dodici di femmine e quindi ogni giorno ci dovrebbero essere non più di ventiquattro possibilità diverse di gestire l’esistenza umana. Comodo.

Molti credono ai tarocchi, ai veggenti o ai santoni, che predicono sentenze o miracoli.

La speranza del miracolo è tra noi e si veste secondo le differenti occasioni da consigliere finanziario, da venditore d’auto, da piazzista della TV, da imbroglione consapevole o anche da medicastro.

Allora fioccano i consigli di borsa e la gente si trova sul lastrico, senza neppure sapere chi ringraziare. Uno viene lusingato da auto usate, decantate come se fossero appena uscite dalla catena di montaggio mentre sono rottami. Si abbocca alle vendite televisive come se fossero estrapolate da un buon catalogo, soprattutto crediamo con estrema semplicità al prossimo e agli inganni messi in atto solo dal bisogno di far soldi.

Dissi, quando mi consegnarono il diploma,

dissi a me stesso che sarei stato buono

e saggio e caritatevole col prossimo;

dissi che avrei trasportato il Credo cristiano

nella pratica della medicina!” (Il dottor Siegfried Iseman, Antologia di Spoon River.)

Il miracolo applicato alla salute è la cosa più vergognosa che riesco ad immaginare.

Di questi esempi ce n’è una lunga categoria. Si va dal doloso consapevole, che da impostore vende impiastri e pozioni inutili, se non addirittura tossiche, al professionista, che ignora le conoscenze basilari del proprio mestiere e fa danno al paziente per negligenza, passando attraverso la nutrita schiera di quelli che vendono illusioni. “Chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l'etichetta diceva: elisir di giovinezza.
” (Un medico, De Andrè)

Costoro è difficile distinguerli dagli onesti, perchè credono alle volte in buona fede di aver scoperto la pozione miracolosa, che vorrebbero distribuire al mondo intero, non sempre cercando danari ed onori, anzi più spesso senza veri compensi.

La speranza della gente comune di assaporare l’inesistente e crederlo verità dà benzina a queste follie e sostiene l’idea bizzarra del momento. L’assurdo è che ogni periodo è buono per nuove idee e nuove proposte di cure differenti.

Comunque la si venda, questa medicina non ufficiale, anche quella più onesta e non scientemente dolosa, fa perno su un principio che non coincide con il pensiero scientifico che ha generato la medicina moderna, ma discende da un desiderio miracolistico che è in ciascuno di noi, celebrato da chi si illude di essere scienziato.

Voi vi accorgerete troppo tardi che fare il dottore

non è che un modo di guadagnarsi la vita.” (Il dottor Siegfried Iseman, Antologia di Spoon River.)

Il lavoro del medico del terzo millennio si basa invece sull'utilizzo ragionato dei farmaci, che derivano da ripetute conferme scientifiche.

La ricerca convalida una cura, perchè dimostra la sua efficacia e la riproducibilità del dato ottenuto. Per questa ragione abbiamo gli antibiotici, possiamo controllare la pressione sanguigna o il diabete e abbiamo a disposizione tutte le medicine che la farmacologia moderna mette in commercio.

Io non conosco tutte le cure alternative, così si chiamano quelle che non discendono da un’ufficialità scientifica del dato, che oggi hanno uno spazio nell’illusorio generale. Soprattutto  ignoro se esse abbiano intrapreso quelle fasi di ricerca condivise dal mondo scientifico, che nobilitano un farmaco e ne consentono il suo utilizzo. Dubito che queste idee alternative siano state pubblicate su riviste internazionali, che dovrebbe essere la via per divulgare al pensiero scientifico la loro vera valenza.

“….perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve…”
 

Anche a me alle volte verrebbe l'idea di curare secondo impressione, ma l'impressione è frutto di un aneddotica che risulta sempre fallace, quando la si applichi su larga scala.

L’impressione, o meglio l’osservazione dei fatti naturali, è il primum movens per avviare una ricerca scientifica e dare inizio alla verifica sistematica dell’idea. Fermarsi all’impressione, saltando le opportune verifiche che governano la ricerca clinica, non è una strategia terapeutica vincente, perchè insegue solo la soddisfazione personale dell’illuso che si crede scienziato.

Nei mesi bui della cosiddetta ‘terapia Di Bella’ noi oncologi fummo accusati di sordità opportunista e cecità premeditata. Dissero che eravamo complici dell’industria farmaceutica, la vera responsabile del fatto che un vecchio professore, vestito da uomo per bene, non riuscisse ad essere tenuto nella giusta considerazione. Sarebbe stato interesse delle fabbriche delle medicine impedire di far guarire la gente con le pozioni magiche del professore, perché questo avrebbe messo in crisi il mercato della farmaceutica ufficiale.

Gli studi ministeriali imposti alla comunità medica per verificare la reale portata di quella scellerata impressione diedero risultati del tutto negativi e coerenti col fatto che fosse una cura alternativa fallace. Ancora una volta si dimostrò che la medicina della scienza era diversa da quella che discende dalle impressioni del singolo individuo.

In tutto questo bailamme tra chi sosteneva Di Bella e chi l’osteggiava, ciascuno secondo le proprie convenienze e convinzioni, ci si dimenticò del passaggio più importante: quando si dà spazio a cure improvvisate che promuovono illusioni si nuoce pesantemente non all’onorabilità della classe medica ma ai malati e alla speranza di vita che essi nutrono.

E un giudice, un giudice con la faccia da uomo

mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione

inutile al mondo ed alle mie dita

bollato per sempre truffatore imbroglione

dottor professor truffatore imbroglione.”(Un medico, De Andrè) 

In realtà nessuno ebbe il coraggio di rimettere a posto i cocci né di far pagare a chi aveva gettato il paese nell’allarme sociale le proprie responsabilità. Fu proclamata la versione ufficiale del Ministero della Sanità, cioè dell’inutilità della cura. Fu sospeso il titolo gratuito delle medicine promosse dal professore e le masse che prima ululavano il miracolo smisero di pretenderlo.

Tuttavia, oltre ai malati e alle loro famiglie, nessuno pagò per l’insipienza di quei mesi.

Il risultato, visto che passò una sorta di impunità complice dello stato, è che la terapia Di Bella è sopravvissuta al Professore. Essa è ancora presente con i suoi fedelissimi, come brace sotto la cenere resta disponibile a richiesta e pronta all’uso.

Non ci fu alcun editto di messa al bando delle impressioni di un povero professore di provincia, la medicina ufficiale si accontentò di quanto dimostrato, evitando di infierire sugli sconfitti e fece male.

Ora la terapia Di Bella è tornata nell’oblio, anche se rimane latente e pericolosa, perché la memoria di quanto accaduto passa e la gente dimentica facilmente la realtà, abboccando al bisogno del miracolo.