BIOGRAFIA | |||||||
Già con questa semplice riga potrei scrivere un racconto. I miei nomi, sono davvero questi su tutti i documenti ufficiali, carta d’identità, cartellino di lavoro, passaporto, patente, ricordano i nomi di battesimo dei miei due nonni, paterno e materno. Si usava così una volta e io sono stato fortunato, perché i cari nonni avevano due nomi che mi sono sempre piaciuti. Ho conosciuto ragazzi che non avevano avuto la mia fortuna e si vergognavano del nome che i genitori avevano loro assegnato il giorno del Battesimo. Il cognome sembra che provenga dalla provincia dove lavoro, Sondrio, dove ci sono molti miei omonimi, di cognome e nome. Mai a scuola prima e all’università poi, ho trovato uno che si chiamasse come me. Invece nella provincia di Sondrio ce ne sono tantissimi. Forse le mie origini lontane sono di questa terra ed io, come Ulisse, sono tornato per lavoro dopo generazioni all’Itaca delle mie origini. Forse. L'unica cosa che mi rendeva noto al mondo era l'omonimia con un'industria dolciaria. Se fossi stato parente di quelli avrei fatto altro nella vita. In realtà una prozia, sorella di mio nonno paterno, sosteneva quand’era viva, che avessimo almeno sette generazioni milanesi prima di lei. Ai tempi le davo retta sì e no, mentre oggi, se fosse viva, le farei citare i nomi di tutti gli avi uno per uno per scriverci sopra qualcosa. La cara prozia Emilia giurava che noi Bertolini fossimo milanesi DOC. Io di questo fatto me ne vanto quando posso, anche se nessuno dei miei tre figli è nato a Milano e, per colpa mia, hanno rotto una tradizione plurisecolare. Figlie femmine non ne ho avute. Chissà se i futuri nipoti torneranno alla terra decantata dalla prozia Emilia? Lo spero. Il codice fiscale chiarisce che io sono milanese di nascita, porto infatti la desinenza F205 alla fine dei sedici caratteri, che identifica i nati nel comune di Milano. Essere un F205 vuol dire essere della stessa squadra e quando guardo il codice fiscale di qualcuno cerco l’anno di nascita, per capire se mi è coscritto e il comune di nascita per vedere se mi è paesano. Ed è bello dare del paesano a qualcuno, soprattutto quando lo si incontra lontano dalla città. A sei anni lasciai Milano per trasferirmi con la famiglia nell’hinterland, a Bollate, dove ho fatto le scuole elementari e medie. I miei genitori acquistarono casa in provincia, perché era meno caro e io per quella ragione persi la cittadinanza milanese. Oggi la nostra famiglia vive ancora lì, a Bollate, dove anche mia sorella si è sposata e abita, a due passi dal campetto dove abbiamo vissuto la nostra infanzia di giochi. Solo io sono emigrato per lavoro e ho abbandonato la mia terra. Nella mia infanzia ho avuto degli zii che si sono sempre comportati e così li ho considerati, secondi genitori. Gli zii non ebbero figli e mia sorella ed io fummo per loro assai più che nipoti. Grazie a questa famiglia allargata ebbi la possibilità di studiare, perché le spese non furono poche ed in parte ricaddero anche sugli zii. Mantenere un ragazzo agli studi fino a ventiquattro anni è un costo importante e un famiglia può anche non essere in grado di sostenerlo. Il Liceo l’ho frequentato a Milano, perché a Bollate non c’erano scuole superiori. Le vecchie Ferrovie Nord mi portavano, con il mitico treno delle 7.14 a Piazzale Cadorna e da lì a piedi, di buon passo, raggiungevo il Regio Liceo Ginnasio Alessandro Manzoni. Lo frequentai in piena epoca repubblicana, la maturità la feci nel 1978, ma il vecchio Liceo era ricco di ricordi del passato, con simboli regi sugli attaccapanni di legno e con la scritta regia all’ingresso. La prima volta che vi entrai avvertii quell’aria di nostalgia e di tradizione, che non ho più ritrovato in altre occasioni. Il Liceo Manzoni mi piacque a prima vista e fu per me palestra di vita e di sacrifici. Riuscii a maturarmi senza mai incespicare, ma fu così faticoso e intenso che anni dopo sognavo di dover ripetere la maturità, perché quella che avevo conseguito nel sogno veniva dichiarata non valida. Un incubo, anche se il mio Liceo fu probabilmente più leggero di quanto non fosse stato per le generazioni precedenti la mia. Negli anni ’70 si era in piena contestazione studentesca, c’era molta violenza e molta protesta. L’anno della maturità fu l’anno più nero per la repubblica, a causa del più cruento attacco alle istruzioni da parte del terrorismo. Furono anni di sofferenza e di lacrime, che sono entrati di diritto nella storia dell’Italia moderna. Il ragazzino Alessandro Stefano passò indenne i sacrifici della scuola e i pericolosi momenti della protesta, perché era uno che veniva dalla periferia e stava in città il minimo indispensabile per studiare. All’Università scelsi Medicina, frequentata alla Statale di Milano. Mi laureai con 110 e lode il 17 ottobre 1984 e poi a seguire conseguii due specializzazioni, in Medicina Interna (1989) ed in Oncologia Medica (1994). Il mio amore per la carriera ospedaliera nacque negli anni d’internato all’Ospedale Sacco di Milano, da studente prima e da medico borsista poi. Fu quella la mia vera palestra professionale. Nel 1987 iniziai la mia carriera ospedaliera a Chiavenna (So) in Medicina Generale. Nel 1997 mi trasferii nella neonata Oncologia dell’Ospedale di Sondrio e ci rimasi fino al 2001. Dal 2001 al 2004 ebbi una grossa occasione di crescita professionale nella cara Milano, Oncologia Medica del Fatebenefratelli, diretta dal grande Alberto Scanni. Furono anni di intenso lavoro e di grossa pratica professionale, con colleghi capaci e un leader che fu vero maestro di professione. Da lui imparai il duro mestiere del Primario. Abbandonai infine la città definitivamente, perché vinsi il concorso da Primario per l’ospedale di Sondrio. Oggi il titolo di Primario non esiste più, lo si usa per far capire alla gente chi dirige un reparto, mentre il titolo lavorativo vero è Direttore di Struttura complessa. Dal marzo 2004 sono Direttore di Oncologia Medica nell’ospedale di Sondrio e dal 2006 Direttore di Dipartimento Oncologico, prima Ospedaliero, poi dal 2009 Provinciale (DIPO). Sono iscritto dal 1991 all’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dal 2004 all'American Society of Clinical Oncology (ASCO). Ho fatto parte del Direttivo Regionale AIOM quasi ininterrottamente dal 1996 ad oggi. Dal 2004 sono membro del collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (CIPOMO) e membro del Direttivo Nazionale dal maggio 2009. Non ho hobby particolari, perché ho due lavori che mi impegnano totalmente e svolgo con abnegazione assoluta: il Medico Oncologo e lo Scrittore. Del primo in sintesi ho già detto, del secondo vorrei chiarire che lo svolgo solo per me, non per viverci o fare cassetta. Questa nostra società è zeppa di scrittori, cantanti, poeti e pittori. È fatta di troppi artisti ed emergere è impossibile, sia per chi abbia talento, sia per chi voglia tentare di mettersi in discussione offrendo la propria arte all’esame del prossimo. Io che non sono presuntuoso conosco le mie possibilità e mi limito a far leggere ciò che scrivo a conoscenti, ricevendo in cambio apprezzamenti sinceri. Scrivo per me solo, per puro divertimento e non provo nessun rammarico se non riesco ad avere il successo che non cerco. “Un medico, diversamente da un politico o da un attore, viene giudicato soltanto dal suo paziente e dai suoi più prossimi colleghi, cioè a porte chiuse, da uomo a uomo.” (L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera). Vivo con la mia famiglia a Colico, in provincia di Lecco, sul lago di Como. È un posto per me bellissimo, che mi dà la sensazione di perpetua vacanza.
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